Posted by on 1 Apr, 2017 in Approfondimenti | 0 commenti

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Il ragno nel fantastico: il mito di Aracne. Dante Alighieri incontra Aracne in Purgatorio, in una incisione di Gustave Dorè per La Divina Commedia.

 

Tra i miti aventi per protagonista il ragno, quello di Aracne è di certo il racconto più conosciuto nel mondo occidentale, ma non l’unico né, naturalmente, l’ultimo.

La giovane Aracne, abile filatrice che ha avuto l’ardire di sfidare la dea Atena nell’arte della tessitura, si accascia a terra sotto gli occhi impassibili della divinità la quale ha appena distrutto il magnifico arazzo tessuto dalla giovane. Aracne si contorce e supplica, mentre il suo bellissimo corpo muta. Sei braccia le spuntano dai fianchi, peli urticanti le ricoprono la pelle delicata. Atena ha punito la superbia della ragazza condannandola a rimanere per sempre intrappolata nella forma di un ragno, e a tessere in eterno la sua tela dalla bocca.

Creatura affascinante e raccapricciante al tempo stesso, il ragno è, tra tutti gli artropodi, quello che ha da sempre suggestionato l’uomo, portandolo alla composizione di miti e leggende quando non di veri e propri culti, fino ad arrivare al suo sfruttamento nella letteratura prima e nel cinema poi.

 

Un terrore che affonda nel nostro passato

Se per l’uomo preistorico il ragno ha rappresentato, oltre a una probabile fonte di cibo, un pericolo concreto che si annidava tra rocce e sterpaglie, possiamo affermare senza paura di essere smentiti che questo timore ancestrale è sopravvissuto inalterato fino ai giorni nostri.

Di ragni velenosi e potenzialmente letali, in Italia, se ne contano solo due specie (malmignatta e ragno violino), eppure gli aracnidi continuano a esercitare su ognuno di noi una naturale quanto ipnotica repulsione. Ne siamo affascinati e sconcertati al tempo stesso.

Predatore languido, seduttivo e letale, il ragno viene percepito istintivamente dall’uomo come un animale alieno. Come un essere che, con le sue otto appendici, vede ciò che a noi resta precluso. E che sfugge al nostro controllo.

 

Chi ha paura dei ragni? Il ragno attende la preda al centro della sua tela

 

A multipli di due: morfologia del ragno

Otto zampe pelose, un corpo diviso in due segmenti, dieci paia di occhi e cheliceri che, visti al microscopio, incutono un sacro terrore… i ragni non hanno certo quello che si definisce un bell’aspetto. La loro utilità come insettivori cade spesso in secondo piano, soprattutto quando finiamo con la faccia in una ragnatela che non avevamo notato, o se durante il sonno notturno avvertiamo la sensazione di otto zampe leggere che ci solleticano le labbra, lasciandoci nel dilemma se accendere la luce o aspettare immobili che lui se ne vada, magari per annidarsi sotto il letto dove lo attende la sua covata di migliaia di piccoli sé in divenire.

 

Chi ha paura dei ragni? La loro morfologia ci appare aliena.

 

Il ragno nel mito: le prime forme narrative

Miti e culti attribuiscono ai ragni ruoli diversi, sia positivi sia negativi.

In Giappone, gli tsuchigumo (“ragni di terra”) sono degli yōkai malvagi, creature del sogno che suscitano nelle loro vittime immagini piacevoli e suggestive, salvo poi, una volta che queste ultime scoprono l’inganno, rivelarsi per quello che sono: predatori letali.

Anche Anansi, il dio ragno, divinità che nasce dalla mitologia Ashanti e in seguito si diffonde sulla rotta degli schiavi, è un trickster, un ingannatore che si diverte alle spalle degli uomini e degli dei ma, a differenza degli tsuchimugo, non è antropofago. Così come Loki – divinità norrena il cui nome rimanderebbe alla forma medievale dello svedese locke “ragno” – la capacità di ingannare e di giocare con vittime o avversari è la dote principale del dio Anansi. È l’elemento che gli permette di vincere spesso nelle sfide che gli vengono poste.

Il ragno nel fantastico: Tsuchimugo Yokai, dal folklore giapponese.

Tsuchigumo con testa di tigre, una delle forme del ragno yokai del folklore giapponese.

Se la mimesi è la caratteristica cardine del ragno, gli dei che ne interpretano il ruolo non sono da meno: tendono la loro ragnatela di parole aspettando l’uomo (o il dio) che vi finirà invischiato.

L’associazione indissolubile con la tela, esempio magnifico di geometria animale, dona al ragno anche valenze positive. Così abbiamo Nereau, il “signore dei ragni”, colui che ha creato il cielo e la terra da una conchiglia, o Kohyangwuti che, secondo i nativi americani Hopi, è co-creatore degli esseri umani.

In alcune culture, infine, il ragno, in quanto animale che vive nelle profondità della terra (vedi le tarantole), assume il ruolo di psicopompo, creatura benevola incaricata di scortare l’anima del defunto nell’aldilà.

 

Seta e inchiostro: il ragno in letteratura

Affascinante e terrificante, il ragno arriva a trasferirsi dal mito in letteratura, diventando creatura dalla quale solitamente stare alla larga.

Il ragno in letteratura: Il ragno che sorride, litografia ispirata all’aracnofobia realizzata dal pittore francese Odilon Redon nel 1888.. L'immagine è stata impiegata anche per la copertina italiana de La valle dei ragni, di H.G. Wells.

Il ragno che sorride, litografia ispirata all’aracnofobia realizzata nel 1888 dal pittore francese Odilon Redon. L’immagine è stata impiegata anche per la copertina italiana de La valle dei ragni, di H.G. Wells.

Tra le prime narrazioni che affrontano l’aracnofobia dal punto di vista squisitamente fantastico c’è Il ragno nero, romanzo di Jeremias Gotthelf. Siamo nel 1841 e il ragno diventa qui simbolo del male puro, una rappresentazione di Satana. In “Il ragno”, racconto di Hanns Heinz Ewers, il ragno è invece una donna seduttiva, una creatura sottilmente sadica che si diverte a irretire e giocare con le sue vittime, sottomettendole finché, avvelenate dalla fascinazione per lei, non cedono al suo ultimo, spaventoso gioco.

In “La villa del ragno” di Fritz Leiber, il crudele Malcolm Orne nasconde in salotto un aracnide enorme, che usa per torturare sistematicamente moglie, nemici e oppositori, mentre H. G. Wells, in La valle dei ragni, descrive l’avanzata inarrestabile di uno stormo di grossi aracnidi i quali, volando appesi alle loro ragnatele, seminano morti raccapriccianti nella valle circostante.

Di nuovo ragni di dimensioni inusuali, nascosti tra le rocce di un’isola avvolta dalle nebbie, sono i protagonisti di L’occhio sinistro, racconto di Henry S. Whitehead (leggi la recensione della raccolta). Qui, pur presentati come creature riprovevoli e terrorizzanti, i ragni svolgono in realtà una funzione positiva, essendo giustizieri inconsapevoli di un omicida.

 

Protagonista nella narrativa contemporanea

Se gli italiani Dino Buzzati e Primo Levi parlano dei ragni (il primo nel racconto “I reziarii”, il secondo in “Paura dei ragni”) sfruttandoli come metafore della realtà umana, con Stephen King i nostri amici a otto zampe tornano a essere incarnazione del male puro, mostrandosi come forma gigantesca della creatura che prende il nome di It.

I ragni nella narrativa fantastica: copertina dell'edizione americana di Tre millimetri al giorno, romanzo di Richard Matheson.

Copertina dell’edizione USA di Tre millimetri al giorno, romanzo di Richard Matheson.

Ma anche quando sono minuscoli i ragni possono spaventare, specie se le proporzioni vengono rovesciate: ne sa qualcosa il protagonista di Tre millimetri al giorno, romanzo di Richard Matheson, che nel corso del suo inarrestabile rimpicciolimento si trova a dover combattere a più riprese contro una agghiacciante migale. Le proporzioni sono importanti anche in “Questione di gusto”, racconto di Ray Bradbury in cui l’autore immagina l’incontro di una delegazione umana con una razza di alieni altamente evoluti e pacifici che hanno l’aspetto di enormi ragni.

Neil Gaiman è forse, tra gli autori contemporanei, quello che ha sfruttato di più il ragno per i suoi racconti. Basta citare Anansi, che troviamo sia in American Gods che in I ragazzi di Anansi, ma un ragno è pure l’Altra Madre di Coraline. Mentre un ragno tessitore, gargantuesca creatura del sogno che può donare la morte e la vita senza distinzioni e senza problemi morali di sorta, diventa il deus ex machina del primo romanzo della trilogia del Bas-Lag di China Miéville, Perdido Street Station.

I ragni nella narrativa fantastica: Ungoliant, la gigantesca Tessitrice di tenebra, e Melkor, da Il Silmarillion di J. R. R. Tolkien.

Ungoliant, la Tessitrice di tenebra e Melkor, personaggi da Il Silmarillion di J.R.R. Tolkien.

Il Tessitore di Miéville ci riporta ad altri due ragni, ugualmente giganti e altrettanto importanti per i due capisaldi del fantastico di cui animano le pagine: opere quali Il Silmarillion e Le due torri (secondo volume della trilogia del Signore degli Anelli)entrambe scritte da J.R.R. Tolkien. Il primo ragno-mostro in questione è Ungoliant, la Tessitrice di tenebra. Nata come Maia, e cioè come spirito benigno, Ungoliant accetta di votarsi alla corruzione trasformandosi per questo in un ripugnante ragno velenoso. Prima di morire divorando se stessa, Ungoliant darà alla luce Shelob, grasso e gonfio Ragno dell’Oscurità al quale Gollum – nelle pagine de Le due torri – tenterà di offrire in pasto Frodo e gli altri Hobbit in modo da riuscire a impossessarsi dell’Unico Anello.

 

Gigantesco ma benigno come il suo proprietario, e in grado di esprimersi nel linguaggio degli umani, è invece Aragorg, l’acromantula del guardiacaccia Hagrid, che fa la sua prima apparizione in Harry Potter e la camera dei segreti, secondo libro della famosa saga ideata da J.K. Rowling.

Di nuovo una metamorfosi orribile e ripugnante, peggiore di quella toccata in sorte all’impudente Aracne, è il contrappasso di un aracnofobico in “A favore dell’azione punitiva”, disturbante racconto weird di Thomas Ligotti.

Il ragno nella narrativa fantastica: Assalto alla luna ribelle, romanzo di fantascienza militare di Christian Antonini che omaggia dichiaratamente Starship Troopers

Assalto alla luna ribelle, romanzo di Christian Antonini che omaggia dichiaratamente Starship Troopers.

Per concludere questa breve carrellata di titoli, che non vuole essere (e non potrebbe!) un compendio esaustivo sull’argomento, torniamo agli autori italiani: con i ragni extradimensionali dai quali devono difendersi i protagonisti del romanzo Predatori dall’abisso, di Ivo Torello, ma anche con gli organizzatissimi ragni alieni combattenti del romanzo Assalto alla luna ribelle, di Christian Antonini, chiaro omaggio alle atmosfere del super-classico della fantascienza militare Starship Troopers – Fanteria dello Spazio, scritto nel 1959 da Robert A. Heinlein.

 

 

Dalla ragnatela allo schermo

Passando dalla letteratura al cinema, sono decisamente troppi i film che sfruttano il ragno e l’aracnofobia come pretesto per suscitare nel pubblico reazioni emotive a basso costo, spesso con risultati che lasciano a desiderare. Ma ci sono anche pellicole che hanno ottenuto risultati validi.

Tra queste ultime compare un successo commerciale assoluto come Spider-Man, trasposizione cinematografica di Sam Raimi del fumetto di Stan Lee, in cui un giovane Peter Parker diventa, suo malgrado, un supereroe grazie al morso di un ragno radioattivo.

Il ragno nel cinema fantastico: poster di Tarantula, film di Jack Arnold (1955)

Locandina americana di Tarantola (1955), film di Jack Arnold capostipite degli aracno-movie. Nell’illustrazione la tarantola ha due soli occhi.

Va poi citato il capostipite degli aracno-movie: Tarantola (Tarantula), film del 1955 diretto da Jack Arnold. Qui il ragno del titolo diviene gigante a causa di un siero creato appositamente (proprio come nel racconto di Leiber) e semina morte e distruzione in una isolata cittadina nel deserto dell’Arizona, finché una provvidenziale bomba al Napalm non risolve la situazione.

Del 1957, e sempre di Jack Arnold, è l’adattamento cinematografico del succitato romanzo di Matheson Tre millimetri al giorno, Radiazioni BX: distruzione uomo (The Incredible Shrinking Man). La sequenza del protagonista miniaturizzato che si batte contro il ragno, di cui abbiamo già parlato, è resa molto efficacemente.

I ragni nel cinema fantastico: Radiazioni BX: distruzione uomo (1957), di jack Arnold. , di Jack Arnold. Una migale attacca il protagonista | Foto: Universal / The Kobal Collection

Radiazioni BX: distruzione uomo (1957), di Jack Arnold. Una migale attacca il protagonista.

Sulla falsariga di Tarantola, ma più smaccatamente indirizzato ai teenager americani del periodo, è La vendetta del ragno nero (Earths Vs. the Spider), diretto da Bert I. Gordon nel 1958. Anche qui il ragno ha dimensioni gigantesche, ma è mutato a causa di radiazioni atomiche e viene eliminato fulminandolo con i cavi dell’alta tensione.

I ragni nel cinema fantastico: poster americano di Aracnofobia (Aracnophobia), cult-movie di Frank Marshall, in cui i ragni sono piccoli, velenosi e in gran quantità...

Poster americano di Aracnofobia (1990), cult-movie di Frank Marshall, in cui i ragni sono piccoli, velenosi e in gran quantità…

Pellicola che ha superato brillantemente la prova dell’efficacia, divenendo a suo modo un cult, è Aracnofobia (Aracnophobia), film del 1990 di Frank Marshall che alterna scene comiche a improvvisi e riusciti jump-scares, nel quale ragni di dimensioni normali, ma ostinatissimi e insinuanti, si dimostrano avversari temibili, sagaci e mortali.

Non possiamo dimenticare un film visivamente rappresentativo come Starship Troopers – Fanteria dello spazio, diretto dal Paul Verhoeven nel 1997 ma tratto dall’omonimo romanzo del 1959 scritto da Robert A. Heinlein. Nel film i ragni oltre a essere giganteschi sono tantissimi, dotati di mascelle possenti e zampe acuminate e per giunta provengono dallo spazio profondo. Una combinazione dall’impatto decisamente agghiacciante.

Il ragno nel cinema fantastico: Un alieno Aracnide messo fuori combattimento, in Starship Troopers (1997), film di Paul Verhoeven che raggiunge un grandioso impatto visivo nel mettere in scena l'omonimo romanzo di Robert A. Heinlein.

Un alieno Aracnide messo fuori combattimento in Starship Troopers (1997), film di Paul Verhoeven che raggiunge un grandioso impatto visivo nel mettere in scena l’omonimo romanzo di Heinlein.

 

Creatura di fascino e mistero

La radice inconscia dell’aracnofobia, che ha permesso a così tanti autori di giocare con la nostra paura per regalarci le belle storie citate, è da ricercare in un terrore atavico, irrazionale, che vede nel ragno il predatore per eccellenza; una creatura che porta su di sé lo stigma di una “malvagità” innata.

Il ragno se ne sta in agguato in tane invisibili, o appostato ai lati di una ragnatela, e aspetta, paziente, per poi scattare con voracità non appena le sottili vibrazioni lo informano che la preda è a tiro o intrappolata nella tela.

Silenzioso e cauto, sappiamo che potrebbe essere ovunque: infilato tra le maniche di una camicia stesa al sole, nascosto in una scarpa lasciata sul balcone, o appeso al suo filo, mentre cala lentamente dal soffitto per scivolare, silenzioso e non visto, nel colletto della maglietta che state indossando.

 

Federica Leonardi

 

BIBLIOGRAFIA

  • JEREMIAS GOTTHELF, Il ragno nero, traduzione di M. Mila, Adelphi 1996;
  • HANNS HEINZ EWERS, “Il ragno” in Il ragno e altri brividi, traduzione di M. Odazio, MeridianoZero 2017;
  • FRITZ LEIBER, “La villa del ragno” in La cosa marrone chiaro e altre storie del terrore, traduzione di F. Cenci, Cliquot 2015;
  • HENRY S. WHITEHEAD, “L’occhio sinistro” in Il culto del teschio e altri racconti, traduzione di R. Chiavini, La Ponga 2016;
  • H. G. WELLS, La valle dei ragni – L’impero delle formiche, traduzione di R. Serrai, Adelphi 2012;
  • DINO BUZZATI, “I reziarii” in Sessanta racconti, Mondadori 2016;
  • PRIMO LEVI, “Paura dei ragni” in L’altrui mestiere, Einaudi 2006;
  • STEPHEN KING, It, traduzione di T. Dobner, Sperling&Kupfer 2013;
  • RICHARD MATHESON, Tre millimetri al giorno, traduzione di P. Prezzavento, Fanucci 2006;
  • RAY BRADBURY, “Questione di gusto” in Il pigiama del gatto, traduzione di G. Lippi, Mondadori 2014;
  • NEIL GAIMAN, American Gods, traduzione di K. Bagnoli, Mondadori 2016;
  • NEIL GAIMAN, I ragazzi di Anansi, traduzione di K. Bagnoli, Mondadori 2007;
  • NEIL GAIMAN, Coraline, traduzione di M. Bartocci, Mondadori 2012;
  • CHINA MIÉVILLE, Perdido Street Station, traduzione di E. Villa, Fanucci 2011;
  • J. R. R. TOLKIEN, Il Silmarillion, a cura di C. Tolkien e M. Respinti, traduzione di F. Saba Sardi, Bompiani 2013;
  • J. R. R. TOLKIEN, Le due torri, traduzione di V. Alliata di Villafranca, Bompiani 2012;
  • J. K. ROWLING, Harry Potter e la camera dei segreti, traduzione di M. Astrologo, Salani 2012;
  • THOMAS LIGOTTI, “A favore dell’azione punitiva” in Teatro grottesco, traduzione di L. Fusari, Il Saggiatore 2015;
  • IVO TORELLO, Predatori dall’abisso, Hypnos 2012;
  • CHRISTIAN ANTONINI, Assalto alla luna ribelle, dbooks.it 2015;
  • ROBERT A. HEINLEIN, Starship Troopers, Mondadori 2008.

 

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